Giorgio Poeta sul Corriere della Sera

13 ago Giorgio Poeta sul Corriere della Sera

FOOD INNOVATION

Il ragazzo che ama le api e ha inventato il miele in barrique

Giorgio Poeta, 30 anni, si è imposto ideando l’invecchiamento del prodotto in botti di legno

di LUCA BARBIERI

Un ragazzo di 30 anni di Fabriano, un cognome che segna la vita e la passione per la natura. Giorgio Poeta, ragazzo di grande intraprendenza, di anni ne aveva appena 24 quando decise di prendere una strada curiosa e molto personale: dedicarsi all’apicoltura innovando un’arte antichissima e diventando così il primo produttore al mondo di miele in barrique. Nove mesi di invecchiamento minimo in botti di rovere che hanno precedentemente ospitato uve di Montepulciano e Sangiovese biologico, per un prodotto originale venduto solo online e in pochi selezionati negozi. L’inizio del successo di Giorgio è legato a un episodio curioso: l’approccio con lo chef stellato Mauro Uliassi, di Senigallia, in provincia di Ancona. Una telefonata per proporre il suo miele speciale, e quella risposta: «Con quel cognome non posso dirti di no». E’ partita così la collaborazione con uno chef che ha aiutato Giorgio a far crescere il suo sogno: un’impresa agricola sostenibile e innovativa che ora dà lavoro stabile a quattro persone che operano con un cliente speciale, le api.

«Il mio cammino ­ racconta Giorgio ­ è cominciato a Fabriano, in una terra segnata dalla crisi, grazie a due arnie ricevute in regalo. Rivedendo vecchie formule e inventandone di nuove, concorrenza e grandi mercati non fanno paura perché in ogni vasetto c’è la passione e l’impegno di chi lavora in una piccola azienda agricola ed esclusivamente a mano. Proprio così sono nate due rarità. La prima è la Stella, nata dall’incontro del delicato miele d’Acacia e il profumato Anice Stellato. La seconda rarità nasce con la dolcezza del miele nelle botti di rovere. Unico al mondo, il miele in barrique è un’esaltazione di gusto, grazie al pregiato legno dove il miele riposa».

SALVARE LE API Quella dell’apicoltore è per Giorgio una sorta di missione. Soprattutto di fronte allo scenario chiamato BeeApocalipse, termine coniato da Michael Schasker, l’autore che ha parlato per la prima volta, nel lontano 2008, del cosiddetto colony collapse disorder. «In base ad uno studio appena pubblicato dall’università di Reading, già oggi in Europa mancano 7 miliardi di api per impollinare correttamente i raccolti ­ racconta Giorgio ­ in alcune zone della Cina l’impollinazione viene fatta a mano dall’uomo perché mancano le api. Noi apicoltori viviamo una speciale simbiosi con questi insetti. Li osserviamo, ascoltiamo e impariamo a capire le api, ad esempio dal suono del loro ronzio o dal modo in cui volano. Questa attività ci porta a stabilire un rapporto profondo con le api e a farci interpreti delle loro esigenze e dei loro diritti». Una missione che passa anche attraverso profumate botti di rovere.